PRIMO PER SEMPRE

di Emilio Oliva

E’ stato Primo, di nome e di fatto. La vittoria lui l’ha avuta nel sangue. Quella ottenuta con la lealtà e il sacrificio, anche quando non significava salire sul podio, ma semplicemente migliorarsi, alzando l’asticella del livello di prestazioni. Sono stati questi i pilastri dei suoi insegnamenti, trasmessi a più generazioni. Primo Sinno ha saputo vincere con queste qualità, non solo come atleta, ma anche come preparatore.
La sua zazzera bionda, gli occhi azzurri e un sorriso tirato e quasi nascosto hanno contribuito per anni a conferirgli l’aria di un severo tecnico nordico, come lo ricorda anche uno dei suoi allievi. Ha sempre preteso tanto dai suoi ragazzi, sulla pista di atletica del Campo scuola del Coni, dove ci ha trascorso una vita, e nelle palestre e sui campetti degli istituti dove ha insegnato. Non gli importava vederli calzare scarpe rotte o all’ultima moda. Avrebbero indossato tutti quelle per correre, e ogni valutazione si sarebbe spostata su come le avrebbero sporcate e consumate tra esercizi e falcate. Non avrebbe fatto sconti a nessuno.

Primo Sinno ha dedicato la sua vita ai ragazzi e alla loro crescita senza nessun interesse nascosto, che non fosse quello dello sport con la esse maiuscola, con tutti i suoi valori più autentici. Riusciva così ad essere maestro di sport e maestro di vita. Il professore, lo chiamavano tutti. Ma lui non ha mai fatto nulla per ergersi in cattedra. Sapeva conquistarsi il rispetto di tutti per il rigore con il quale ha affrontato ogni giorno il suo lavoro e per la capacità di dispensare insegnamenti tecnici e consigli, senza risparmio. E sotto le sue cure sono stati in tanti ad affermarsi come atleti, mangiando il pane tosto degli allenamenti nella maratona e nel
mezzofondo, o soltanto come uomini, nella vita di tutti i giorni. Alcuni di quegli atleti hanno ottenuto la loro vittoria più grande indossando la maglia azzurra.

La Matera sportiva ricorda Primo Sinno per aver corso come tedoforo in occasione della cerimonia di apertura delle Olimpiadi del 1960, un onore che spetta agli atleti e agli ex atleti di maggior livello. “La fiaccola olimpica fu portata da Taranto a Metaponto”, ricorda sua nipote Teresa Ambrico. Lo zio è stato un alfiere della atletica lucana in tutti i sensi, inaugurando una feconda stagione sportiva nell’intera regione. I suoi successi e il suo profondo amore per lo sport gli fecero maturare l’idea di fondare la Polisportiva Rocco Scotellaro, gloriosa società che continua da più di mezzo secolo ad essere una delle
protagoniste dell’atletica a livello nazionale.

Non poteva che essere un grande personaggio, paladino della società contadina e del riscatto degli umili, il modello al quale intitolare il sodalizio sportivo, il più longevo della città. Quasi una sorta di manifesto che fu anche l’impegno politico del professore. Primo Sinno corse anche come candidato del Pci, prima, e di Rifondazione Comunista, dopo, nelle elezioni
comunali, rinunciando al seggio, negli anni ’70, dopo aver avvertito la profonda distanza tra le stanze del Palazzo comunale e il campo di atletica, e mancando il successo per pochi voti nella seconda competizione, nel 2002. Negli anni ’90 Rifondazione Comunista aveva già puntato su di lui, senza fortuna, per le regionali. Politica, lavoro e sport tuttavia non hanno mai sconfinato da ciascun ambito, trovando sempre un punto di coerenza nella sua attività di tutti i giorni. Ecco un’altra ragione per cui il
professore ha saputo conquistarsi il rispetto di tutti.

Ieri il fondatore della Scotellaro ha appeso le sue scarpette al chiodo per sempre. Se n’è andato all’età di 82 anni, consegnando idealmente alla città il testimone di una vita vissuta all’insegna dei valori universali dello sport, che sono anche quelli che aiutano i giovani a diventare cittadini e uomini esemplari. Questa è senz’altro la vittoria più grande di Primo Sinno. Matera, l’atletica e, più in generale, lo sport sono in lutto per aver perso un educatore come pochi, destinato per i suoi meriti ad entrare nella storia.