Silenzio. E Spazio.
Un nuovo senso alle parole. Poche, gentili, minute.
/si·lèn·zio/
Condizione ambientale definita dall’assenza di perturbazioni sonore.
Astensione o cessazione.
Ma quanta paura fa il silenzio?
Quanto rumore fanno i pensieri nella testa?
Certo, questa rubrica si chiama Linguaggi e tutti, io per prima, ci aspettavamo di parlare, parlare, parlare.
Ma il silenzio non è esso stesso linguaggio?
Lo spazio bianco o anche spazio vuoto o spazio negativo.
In comunicazione visiva, lo spazio bianco o vuoto è molto importante. Stabilisce equilibri, armonia.
È una pausa che aiuta a vedere.
Nel Graphic Design lo spazio vuoto o bianco ha un potere comunicativo al pari del resto degli elementi, anzi, se sfruttato in modo intelligente riesce a catturare l’attenzione su ciò che ci interessa e sul messaggio che decidiamo di trasmettere.
E il silenzio? L’assenza?
C’è uno spazio mio privato e intimo che mi aiuta a fare silenzio, a mettere il muto al mondo fuori e a lasciare spazio a quel che c’è dentro. La lettura è la mia salvezza. La meditazione è la mia cura.
“Spesso si pensa che la soluzione al dolore sia altrove, ma è nel dolore la soluzione del dolore, sentendolo, abitandolo, assaporandolo, a poco a poco diventa parte di noi. […] Imparare a stare. Imparare a essere vasti e navigare ogni mare e scoprire tra onda e onda un porto.”
In uno spazio digitale in cui il silenzio non esiste e in cui ci siamo abitati ad abitare, è faticoso farsi spazio. Fare spazio. È come se vivessimo in una casa in cui non spegniamo mai la luce. In cui la tv è sempre accesa e la radio parla in sottofondo. E i bambini giocano, il cane abbaia, la madre e il padre parlano e ci sono i nonni, gli zii, i cugini i parenti lontani. Gli amici, i nemici, la città intera e l’aeroporto di New York prima del Covid. È una piazza.
Come abitare nel mercato di Chandni Chowk a Nuova Delhi e tutti i sensi sono sempre iper attivati.
E nessuno sa dov’è il tasto off. Dove si spengono i dispositivi esterni e si silenziano quelli interni e si fa spazio.
Si fa luce, silenzio.
“Quello di cui voglio scrivere […] è un’esperienza viva e personale che orienta diversamente i fatti della vita, le sue visioni, e le riconduce a una misura molto diversa da quella basata sui pieni. […] Lo spazio vuoto è quello che permette alle persone e agli oggetti di entrare in relazione. Lo spazio vuoto separa e lega, Non siamo abituati a percepirlo, a vederlo, a riceverlo. Man mano che meditando lasciamo che i pensieri sorgano, transitino e passino, come nuvole in un cielo ampio, entriamo in confidenza con lo spazio aperto, con la vastità dello sfondo, e man mano questo spazio da semplice sfondo diventa sostanza di ogni cosa, non è più che il vuoto sta dietro ogni cosa, è che ogni cosa è vuoto.”
I virgolettati sono parte del libro “Il silenzio è cosa viva”, Einaudi Editore
Per conoscere e scoprire Chandra Livia Candiani