Superati i trentacinque anni, la prima metà della vita secondo l’opera fondatrice della nostra letteratura, mi sono avviato a prendere abitudini che sono più consone alla seconda metà. Guardo più televisione, specie la sera durante la cena.
A quell’ora, come molti sanno, anche quelli che non guardano la televisione (o fingono di non guardarla), su Rai Uno c’è I soliti ignoti, il programma condotto da Amadeus in cui un concorrente deve indovinare la professione di otto persone a partire dal modo in cui sono vestite o da alcuni indizi che queste persone raccontano a voce. Alla fine il concorrente può effettivamente portarsi a casa la cifra che ha vinto azzeccando le professioni, indovinando anche a chi, fra gli otto, è parente – «a c’h apprtn» diremmo a Matera – un nono “ignoto” che entra solo in conclusione del programma.
Le regole sono dunque molto semplici. Vedere una puntata è sufficiente a capirle. Vederne due o tre permette anche di comprendere dei meccanismi ricorrenti. Per esempio ogni “ignoto” riferisce tre indizi, ma solo uno di questi ha valore rispetto all’indagine, oppure, fra gli otto “ignoti”, ce n’è spesso uno, il settimo su cui indagare, un po’ famoso, e la sua professione è sempre descritta al passato («faceva il parcheggiatore abusivo a Milano») e quasi mai il “parente misterioso” gli appartiene.
Dall’arrivo della pandemia, tranne che per brevi periodi, i concorrenti non sono più persone comuni, ma personaggi famosi (più famosi del settimo “ignoto”) e giocano per beneficienza. La cifra vinta va a diverse associazioni umanitarie. Nel frattempo il concorrente famoso ha la possibilità di promuovere un proprio libro, film, fiction o spettacolo teatrale. Sono tutti personaggi dello spettacolo, spesso del mondo televisivo.
Ebbene quasi nessuno di questi concorrenti famosi che giocano per beneficienza ha la più pallida idea di come funzioni il programma, di quali siano le regole.
Questo vuol dire innanzitutto che chi fa la televisione non la guarda, ma questo non mi sorprende: i primi tempi che stavo a Roma molti degli sceneggiatori che conoscevo e che scrivevano le fiction dicevano orgogliosamente di non guardarle, né le proprie né quelle altrui. Come a dire che un cuoco non mangerebbe mai nel ristorante per cui cucina.
Proprio perché si tratta di beneficienza e quindi l’intento è ancora più nobile del proprio arricchimento personale – come spesso ripetono, non senza retorica, i concorrenti famosi -, uno dovrebbe giocare con più consapevolezza e concentrazione che se lo facesse per se stesso e questo è possibile solo conoscendo le regole e i meccanismi del programma.
Sapere quanti indizi si hanno a disposizione, invece di sprecarli subito o su “ignoti” la cui professione è chiara per chi conosce appena il programma, sapere quali di questi hanno effettivo valore, senza concentrarsi e a volte addirittura farsi deviare da indizi chiaramente inutili, dà più chance – non la certezza ovviamente – di vincere più soldi da destinare alla ricerca, ai profughi, ai malati o a chiunque sia destinatario di quelle cifre.
Per farlo non occorre leggere un manuale di molte pagine, né sottrarsi molte ore: basterebbe guardare una o due puntate del programma. Dura circa mezz’ora. Ma quasi nessuno di questi concorrenti famosi sembra averlo fatto finora, nonostante facciano parte di quel mondo.
Ancora più disdicevole è la questione se uno pensa che sono lì anche per promuoversi e, quindi, beneficienza a parte, per lavorare: traggono un vantaggio personale come ospiti del programma che, però, non sono disposti a ripagare nemmeno con mezz’ora del proprio tempo al di fuori di quello in cui appaiono in video.
È un fatto piccolo, marginale, rispetto alla complessità di problemi che ci sono nel mondo, ma è indicativo di un modo di porsi diffuso tanto da incarnarsi in quelli che sono, che lo si voglia o no, dei modelli sociali – si tratta di persone seguite da migliaia e spesso milioni di persone.
La mia anima lucana, che fonda la sua etica sul sacrificio, sulla preparazione o se vogliamo, più semplicemente, sulla “buona creanza” di essere ospiti, ogni volta si ribella.